HALLOWEEN DANTESCO AL CASTELLO
Sabato 31 ottobre 2015, al Castello dei Conti Guidi, si è tenuta l’anteprima di Qui è l’uom felice? Uno spettacolo sul Paradiso Terrestre di Dante Alighieri.
Questa messa in scena trae ispirazione anche dall’antica tradizione celtica secondo cui, proprio nella notte tra il 31 ottobre e il primo novembre, ne e inizio dell’anno celtico, è possibile infrangere extra ordinariamente le leggi naturali, tanto da rendere il velo che separa i due mondi, quello dei viventi e quello dei defunti, così sottile da permettere loro piena comunicazione e contatto.
Lo spettacolo si incentra su Dante-Personaggio che, in grande solitudine, si inoltra in un presente fiabesco, dove incontra invisibili creature ultraterrene, le anime, gli spiriti, le intelligenze celesti (voci fuori campo). Dante-Personaggio, alla sommità del Monte Purgatorio e nel Giardino dell’Eden, incontra lo Spirito settecentocinquantenario di Dante, poi un Angelo, lo Spirito di Virgilio, lo Spirito di Matelda e quello di Beatrice, e tante altre apparizioni fantastiche e mitologiche. Il tutto, accompagnato da musica dal vivo, immagini proiettate, voci bianche e danze, nella magica Sala delle Feste del Castello medievale di Poppi, allestita ad hoc per evocare le suggestioni del viaggio che svela, del velo che viaggia e del viaggio oltre il velo. Grazie alla misteriosa complicità del benevolo e aristocratico castello, si respira aria da rito di passaggio tra la società dei morituri e quella degli eterni.
Il cast prevede artisti provenienti da differenti città italiane e differenti nazionalità.
Il giovane attore protagonista napoletano, Claudio Fidia, nella parte di Dante Personaggio, oltre a bravura e preparazione, possiede un’intrigante somiglianza con l’Alighieri così come lo ha ritratto Giotto nell’affresco della Cappella della Maddalena al Bargello di Firenze.
L’ideazione e regia di Stefania Maggini, vuole presentare una messa in scena di libera composizione, tuttavia attenta e rispettosa nei confronti del verso dantesco, lasciato integrale nella sua versione originale e asciugato nelle parti narrate. Il sotto testo, inoltre, apre fantasiose riflessioni sulle radici islamiche dell’impianto dantesco della Comedìa, sugli aspetti da sciamano negromante attribuiti a Dante dai suoi stessi contemporanei per la sua larga dimestichezza con l’ultraterrenità, e sulla possibile forma di epilessia che affliggeva il poeta quale spunto biografico per spiegare la vulnerabile tendenza di Dante Personaggio allo svenimento e alla perdita di coscienza di sé.
Insomma, ve n’è abbastanza per concertare una gran bella festadi buon 750° compleanno anche per un babbo illustrissimo come il nostro amato Durante Alighieri.
Sinossi
Dopo avere visitato le tenebre immutabili dell’Inferno e le sofferenze piene di speranza del Monte Purgatorio, continuando la sua ascesa verso la vetta, Dante Personaggio arriva sull’orlo esterno del settimo girone, quello dei lussuriosi, dove incontra un angelo a custodia di una porta di fuoco, dentro la quale è d’obbligo passare per proseguire il viaggio verso i mondi celesti. Infatti, la voce fuori campo dell’Angelo gli ricorderà che:
“Più non si va, se pria non morde, anime sante, il foco: intrate in esso” (Pur. XXVII,10-11),
Dante, però, atterrito dall’idea di dover attraversare le amme accese con la sua carne ancora ben viva, arretra e riuta di proseguire, anche quando viene esortato e rassicurato dallo Spirito di Virgilio, di cui ode solo la voce. Riesce a vincere l’ostinato desiderio di retrocedere solo in vista di una prossima riunione con Beatrice e risolvendosi nalmente a prendere la via dentro il muro di fuoco. Ma sopraggiunta la notte, in prossimità della scala che sale all’ingresso del Paradiso Terrestre, Dante si addormenta e sogna Lia, anticipazione di Beatrice, immersa in una via di spiritualità pratica e attiva, dierente dalla pura vita contemplativa.
Al suo risveglio Dante si ritrova già nel giardino dell’Eden, dove lo Spirito di Virgilio, di cui si sente sempre solo la voce, lo incorona signore di sé stesso, lasciandolo quindi libero di muoversi autonomamente, senza più dover attendere alcun cenno di consenso e direzione da parte del proprio padre, maestro e precettore.
“Non aspettar mio dir più né mio cenno; libero, dritto e sano è tuo arbitrio, e fallo fora non fare a suo senno: per ch’io te sovra te corono e mitrio” (Pur. XXVII, 139-142).
Il poeta, mentre cautamente si inoltra curioso nell’esplorazione di quelle extra-ordinarie bellezze naturali, ode il canto della bellissima voce dello Spirito di Matelda e intrattiene con essa una erudita conversazione, con cui viene iniziato ai segreti della sacra selva. Successivamente, appaiono il ume puricatore Letè e la sacra processione, composta di uomini, donne e animali fantastici e mitologici, dove sopra un carro trainato da un grifone, è nascosto lo Spirito di Beatrice. Dante, sopraffatto dalla meraviglia, dallo stupore, dall’incanto, avverte salirgli in petto quel familiare batticuore da innamorato che gli dà certezza di essere giunto alla presenza della sua adorata Beatrice, sebbene non la possa ancora vedere con gli occhi suoi.
“sanza de li occhi aver più conoscenza, per occulta virtù che da lei mosse, d’antico amor sentì la gran potenza” (Pur. XXX, 37-39).
Beatrice gli appare ancora velata negli occhi e nel sorriso, sotto un nuvolo di ori, accompagnata dal canto di una grande quantità di angeli. Dante, mosso da un’incontenibile potente emozione, si volta come consueto per condividere anche quella strabiliante esperienza con il suo unico riferimento umano e spirituale, Virgilio. Invece, con sgomento, constata che Virgilio è scomparso per sempre, senza lasciare la minima traccia di sé.
“Ma Virgilio n’avea lasciati scemi di sé” (Pur. XXX, 49-50).
Il potente contrasto emotivo fra la felicità del riconoscimento e ritrovamento di Beatrice e la disperazione e lo smarrimento per l’improvvisa perdita di Virgilio, è così forte e subitaneo, da provocare in Dante uno sbalzo di coscienza e la perdita dei sensi, tanto da cadere al suolo. A questo punto Beatrice lo chiama e, risvegliandolo, lo attrae a sé oltre il velo.
“Guardaci ben!Ben son, ben son Beatrice!”